Storia
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Campiglia: Storico-Geografica
Ben sette sono le “Campiglie” in tutta Italia: Campiglia dei Berici, Campiglia la Spezia (SP), Campiglia Cervo (VC), Campiglia dei Foschi (FI), Campiglia d’Orcia (SI), Campiglia Marittima (LI), Campiglia di Soana (TO).
Campiglia dei Berici si trova nell’estremo Sud della Provincia di Vicenza, in quella zona chiamata «Basso Vicentino», nel mezzo di uno slargo che separa i colli Berici dagli Euganei, a Sud-Ovest dell’incrocio tra il fiume Liona e la strada detta Riviera Berica; di qui i colli paiono scoloriti, sfumati in una foschia permanente. La sua gente ama vivere in pace, senza che fatti esterni turbino la normalità scandita dalle stagioni alle quali si adattano i lavori da compiere nei campi. È un paesetto tranquillo, ma quello che vi succede si viene a sapere in fretta, perché le notizie circolano ancora a voce, vuoi portate dalle comari che chiacchierando passano il tempo libero, vuoi esposte ai compagni di lavoro i quali a loro volta integrano il racconto aggiungendo le ultime novità, o i particolari appresi in via confidenziale, o, infine, discusse vivacemente la sera, davanti a qualche bicchiere di vino nelle osterie. Insomma Campiglia è uno di quei tanti paesi di campagna dei quali si sa appena che esistono; davanti ai quali si passa senza meditare che quel gruppetto di case ha una storia, perché per centinaia di anni vi è vissuta della gente.
La popolazione di Campiglia non è mai stata stabile: trattandosi di un paese di campagna influiscono molto sull’andamento demografico le fortune della maggiore attività economica che vi si svolge, l’agricoltura. Per questo gli abitanti calano e crescono in corrispondenza con la disponibilità e la redditività del lavoro. Il dato più antico sulla popolazione ci porta indietro al 1557, quando i Campigliesi erano 842, circa la metà di adesso: per quei tempi un numero nemmeno tanto trascurabile. Venti anni dopo, nonostante la peste scoppiata nel 1575 nella contrada del Pavarano, gli abitanti erano aumentati a 916.
Nel XIX secolo abbiamo tre notizie: la prima ci dice che nel 1803 i Campigliesi erano 1119, cioè duecento in più rispetto al ‘500; sappiamo poi che nel 1871 il numero era salito a 1572 e poi, dieci anni dopo, a 1771. È quindi che dalla seconda metà del secolo scorso che la popolazione di Campiglia si è portata sul livello attuale. Il massimo di popolosità si ebbe subito dopo la seconda guerra mondiale, quando giungemmo addirittura a 2200 abitanti. Da allora siano sempre in calare, a causa del cosiddetto «esodo dalle campagne». Il territorio del nostro Comune è totalmente pianeggiante. Le abitazioni sono distribuite in 18 vie la maggior parte delle quali esisteva anche antica- mente. Il loro nome infatti conserva frammenti della nostra storia: Via Albarella ricorda gli Albarello, famiglia che si trova nei registri parrocchiali dal 1681 al 1751. Via Brandizie conserva quello di una famiglia nobile vicentina che diede molti vicari ad Orgiano dal cui Vicariato dipendeva anche Campiglia. Di certo i Brandizie possedevano beni lungo questa strada. Via Callianella ricorda invece i Cagliari, famiglia presente qui dal lontano 1580 fino al 1846. Via Donanzola, corruzione dialettale di Donna Angela, in antico si chiamava Cavacéro dal nome di una famiglia presente in paese nel 1580. Via Ferroso prende il nome dai Ferroso che vi abitava. La loro presenza è certa dal 1631 al 1721. Via Pilastri deriva probabilmente da due pilastroni che, come voleva il costume dei secoli passati, vennero posti per delimitare una proprietà privata. Via Ponte Botti prende il nome dal vicino ponte, passaggio di un fiume sotto un altro (botta). Via Marconi si chiamava anticamente via Carazza. Via Villabroggia, l’antica strada che conduce al Colloredo, passando per Cà Martinati dov’è tutt’ora un’antica chiesetta, conserva il nome della signorile famiglia vicentina Broglia che diede molti vicari ad Orgiano e che probabilmente qui aveva una proprietà. Via Nazario Sauro si chiamava un tempo via Comune. Nel 1580 esistevano infine due contrade che ora non ci sono più, o almeno che hanno mutato nome: la contrà della Valle e quella delle Segayzze. Oltre quelle elencate, completano il panorama delle vie campigliesi: via Crocetta, via Fossona, via Nazionale, via Marpegane, Piazza Vecchia, via Roma, via Cà Martinati e la contrada del Pavarano.
Altri frammenti della nostra storia sono contenuti nel nome stesso «cam- piglia», ed in altri nomi di località come «Pavarano», «Motte» e «Liona». Infatti questi nomi, se ne guardiamo l’origine e la derivazione, mostrano tutta la loro antichità. .. La parola «Campiglia» deriva dal latino e significa «distesa di campi», nello stesso senso che adoperiamo noi per il termine «campagna»: zona coltivata. Una parola che riunisce, quindi, sia l’essere il nostro un borgo antico, che l’anima contadina del luogo. «Pavarano» deriva anch’essa dal latino e significa «luogo di pascoli», quasi in contrapposizione con «campagna», ossia con Campiglia. «Motte» ha un’origine molto più antica. Viene infatti da lingue diffuse in Occidente nella preistoria e sta ad indicare un luogo sopraelevato (mucchio, altura). È un nome che quasi sempre corrisponde a siti in cui si trovano testimonianze archeologiche, dato che le popolazioni antiche tendevano a stabilirsi sui rialzi dei terreni. forse anche le nostre Motte potrebbero rivelarci che gli antenati dei campigliesi furono gli antichi romani se non addirittura genti più antiche; lo lascerebbero supporre i ritrovamenti casuali degli agricoltori: grandi mattoni di terracotta e altri resti come cocci e frammenti, o manufatti di pietra; ma ricerche serie sono ancora da fare. La parola «Liona» ha infine la stessa origine linguistica di «Motte» ed indica gli avvallamenti e anche i luoghi dove scorre l’acqua. Questi ultimi quattro nomi sono quindi i documenti più antichi su Campiglia, quasi unica testimonianza di un antico testo scomparso: si riesce ad immaginare qualcosa, ma senza poter confermare quell’idea che ci si era fatta.
Campiglia è alta sul livello del mare 16 m., come Noventa. Il più basso paese del Basso Vicentino è invece Agugliaro con 13 m. La superficie complessiva del comune è di kmq. 10.94. La coltura maggiore è il frumento, seguita dal mais, dall’erba medica, piuttosto fiorente è anche quella del tabacco. Fino a pochi decenni fa la più importante attività agricola era la coltivazione del riso, sostituita poi da quella dei bachi da seta. La palude era infatti il paesaggio dominante a Campiglia; così la descrive anche il Padre Maccà dicendo che era un luogo malsano, dove si pescavano facilmente tinche e lucci nei pantani. I terreni sono irrigui solo nella parte Nord del paese (in corrispondenza con le vecchie risaie) grazie all’acqua dei canali; nelle altre zone gli agricoltori possono disporre solo dell’acqua dei pozzi. I corsi d’acqua veri e propri sono due: la Frassinella e la Liona (che fa da confine). Scoli consorziali sono invece il Fiumicello, il Pontan, il Marcintolo e la Degora; tutti e tre confluiscono nella Frassinella.
La Liona nasce sotto Zovencedo, riceve il Gazzetto, e il Calto, assai ricco di acque; aziona vari mulini e, dopo S. Germano, s’innalza sul livello del fondo piatto della valle fra due rilevanti argini per giungere allo sbocco senza impaludarsi. Se si vuole un punto di riferimento per constatare di quanto la Liona sia sopra il livello stradale d’un tempo, ebbene ve n’è addirittura uno artistico e per giunta vicino: lungo la strada che da Ponticelli conduce ad Agugliaro, a mezza via sulla sinistra, si può ammirare quel bel palazzo gotico, gioiello d’arte che i Dal Verme fecero costruire nella metà del ‘400; alla distanza di poco più di. cinquecento anni possiamo vedere di quanto risulti più basso del livello della Liona. Il percorso della Frassinella è praticamente parallelo, fino a Campiglia, a quello della Liona.
Il nostro paese viene a trovarsi in mezzo alla colmata alluvionale che i due grandi fiumi, l’Adige ed il Brenta, depositarono nella nostra pianura: la Val Liona è stata riempita da questi depositi per almeno cento metri, e così tutta la pianura circostante. Noi non abbiamo acqua sorgiva potabile, e se in qualche luogo ce n’è, è calda come quella delle fonti termali che ci circondano: quella di Bagno di Barbarano (28 °C); di S. Pancrazio (27 °C); di Mossano (26 °C)’ e di Villaga (27 °C). Anche i due pozzi trivellati presso il monticello di Mossano danno acqua calda a 31°C. Ciò vuoI dire che poggiamo su una zona tutta di natura vulcanica. Di sicuro si sa, comunque, anche per gli studi geologici recenti; che nelle epoche preistoriche l’Adige, lambendo allora lo zoccolo Berico, da Lonigo e Spessa, si dirigeva a Nord-Est verso Orgiano, descrivendo un meandro nella Val Liona, poi fiancheggiava Sossano e si dirigeva verso Campiglia e poi verso Este, a cui ha dato anche il nome: Atesis-Adige, Ateste-Este. |