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COMUNE | PARROCCHIA
04/07/2008
Don Pietro Perin: Missionario in Colombia


LA LIBERAZIONE. Don Pietro PERIN è appena tornato dal Sud America dopo aver vissuto per vent’anni tra Canalete, Cordoba e Monteria incaricato dalla Diocesi

Missionario in Colombia
«Pregavamo per Ingrid»


da Il Giornale di Vicenza, 4 luglio 2008, di Roberta Bassan

Ha pregato per Ingrid Betancourt quando era prigioniera e lui era in Colombia. L’ha ricordata ieri durante la messa delle 19 in parrocchia a Isola Vicentina, davanti ai fedeli che hanno appreso dai tg e dai giornali della liberazione di quella donna diventata un simbolo, dopo sei anni di dura prigionia, inghiottita dalla giungla e ostaggio dei guerriglieri, mentre il mondo era in trepidazione. E poi ha immediatamente telefonato ai suoi amici colombiani per condividere insieme a loro «la grande gioia che sento dentro di me».
Don Pietro PERIN, 61 anni, dei quali 20 trascorsi in Colombia, è tornato definitivamente a casa il 2 maggio scorso. Ma il cuore e la mente sono ancora laggiù, legati a quella terra dai mille contrasti, sofferenze, povertà, odori, colori.
È stato sacerdote "fidei donum" per quattro anni a Canalete successore di don Antonio Cocco, per sette anni a Cordoba e per altri nove anni a Cantaclaro, nel quartiere di Monteria, 35 mila abitanti, 800 km a nord di Bogotà, 45 minuti di aereo dalla capitale. Da dove ha seguito passo passo il rapimento e la vicenda di Ingrid Betancourt, candidata alle presidenziali in Colombia quando fu rapita il 23 febbraio 2002.
«Era una realtà che le persone non accettavano più - ricorda - non tolleravano più la violenza delle Farc, le forze armate rivoluzionarie, gente inumana. Che ha costretto una donna come Ingrid Betancourt e tanti altri prigionieri a vivere nella foresta, tra serpenti, zanzare, minacciandoli a morte ogni giorno. Ricordo il caso di un poliziotto malato di tumore, aveva il figlio ostaggio dei guerriglieri, aveva lanciato l’appello per rivederlo un’ultima volta. Niente da fare. Nessuna pietà».
Ma qualcosa è cambiato, secondo il sacerdote, con l’arrivo di Alvaro Uribe, il presidente che avrebbe giocato un ruolo fondamentale nella liberazione dell’ostaggio.
«Ho conosciuto il presidente - racconta don PERIN dal buon retiro di Isola Vicentina - quella volta che è venuto a messa a Monteria, era in pantaloncini corti e abbiamo anche scambiato qualche idea. Una delle sue aziende era nel villaggio di Sabanal, poco lontano da noi. La mia impressione? Ecco, Uribe è un uomo «dal corazòn grande, ma dalla mano ferma». E questa è stata la sua carta vincente, perché in democrazia se non c’è polso fermo si fa fatica ad andare avanti, soprattutto con gente come i guerriglieri».
Don PERIN si sente ancora lì, in mezzo alla "sua" gente dove ha svolto un servizio pastorale intenso e attività sociali che ora camminano da sole. La scelta della Diocesi infatti da quest’anno è stata quella di far rientrare dalla Colombia gli ultimi due sacerdoti vicentini (l’altro è don Marco Ferretto) e far camminare da sole le realtà che per anni sono state accompagnate.
Ne è ben consapevole don PERIN che è stato assegnato dal Vescovo, a partire dal 1° settembre, a Campiglia dei Berici, da dove coordinerà la nuova unità pastorale che comprende anche Agugliaro.
Anni luce dalla Colombia e dalle sue immense problematiche. «Ma la gente lì è anche molto cambiata, cresciuta. É diventata intollerante nei confronti della guerriglia, vuole che i prigionieri siano tutti liberati».
I guerriglieri li ha conosciuti pure lui, quelli dell’Eln, l’esercito di liberazione nazionale. Gli dicevano: «Se il ricco mangia formaggio, dobbiamo mangiarlo anche noi». Ma a lui non hanno mai torto un capello, c’è sempre stato rispetto. «Ero preoccupato solo per i miei ragazzi, chi si arruolava nei para-militari era rovinato. Diventavano fuorilegge ed era difficile recuperarli».





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